I primi documenti relativi all’Oratorio dei Serviti, meglio conosciuto come “il Conventino”, risalgono al 1577, quando la chiesetta, fondata, secondo il Valdrighi, prima del 1525, venne iscritta nell’ordine dei Servi di Maria.
Si ha notizia, infatti, che in quell’anno (1577) i rappresentanti della Comunità intervennero per scagionare il Priore Fra’ Ventura della Pergola dall’accusa di aver pregiudicato l’incolumità dell’Oratorio abbattendo alcuni alberi con l’intento di restaurare il tetto della modesta chiesetta.
Considerate le condizioni di estrema povertà dei frati, la Comunità formiginese decise, in quella occasione, di farsi carico di parte delle spese occorrenti per i lavori di ripristino dell’edificio venendo incontro alle esigenze del Priore che, intanto, era impegnato a reperire i fondi necessari per il rinnovo dell’ arredo liturgico.
Negli anni seguenti le condizioni economiche dell’Oratorio non migliorarono di certo, né sotto la guida di Frà Dionisio da Imola (1582) e tanto meno durante il turbolento priorato di Ambrosio Capra da Faenza (allontanato nel 1618 con l’accusa di aver ridotto l’Oratorio a ricettacolo di banditi, malfattori e meretrici).
Nel 1630, infatti, l’Oratorio possedeva soltanto due altari sui quali erano state innalzate due immagini di santi dei quali non resta alcuna testimonianza documentale. Poi avvenne che, ai tempi del Vescovo di Modena Roberto Fontana, si procedette alla soppressione di tutti i piccoli Conventi di Serviti (in attuazione della Bolla di Innocenzo X del 20 settembre 1652), e il piccolo Oratorio formiginese, restato in possesso dei Servi di Maria fino al 20 aprile 1653, venne ceduto al Parroco, insieme alla casa contigua ed al prato che tuttora la circonda.
Dagli inventari del 1656 risulta che, a quell’epoca, il modestissimo arredo sacro della chiesetta consisteva semplicemente in una Madonna col Bambino in stucco posta sull’Altar maggiore ed in un unico altare dedicato a San Francesco (?), oltre ad un dipinto con una Santa Caterina, probabilmente collocato nel presbiterio.
A fine secolo, con l’approvazione del Vescovo Ludovico Masdoni ed il consenso dell’arciprete Paolo Tirabassi, venne fondata presso l’Oratorio la Confraternita delle Sacre Stimmate (1693), i cui capitoli furono poi approvati soltanto nel 1754 (23 marzo).
Ma già dal 1696 la Confraternita si adoperò per risollevare le sorti del Conventino trovando in uno dei “fratelli” fondatori, Giovanni Antonio Turchetti, un generoso finanziatore, e nel Marchese Mario Calcagnini, un convinto e potente protettore il cui diretto interessamento lo condusse ad aderire al Sodalizio nel 1711, portandolo ben presto alla responsabilità del Priorato (28 marzo 1711).
Affidato quindi il progetto di riedificazione della chiesetta all’architetto ducale Giovanni Maria Ferraroni (1662 – 1755) , soprannominato il “Brigo ” per le “cose brigose” delle quali incaricava i suoi collaboratori, i lavori del piccolo e grazioso tempietto vennero completati nell’arco di circa quattordici anni (1715-1729) compreso il rivestimento interno la cui elegante decorazione in stucco, iniziata nel 1725 da Cesare Caula, venne portata a termine da Domenico Anastasi nel 1729.
Il Ferraroni, che era stato chiamato a Formigine subito dopo aver ultimato il restauro del Chiostro di S. Agostino a Reggio (1714) si avvalse, anche in questo caso, della collaborazione della sua consueta “equipe” di “capimastri” formata dal suo fratello Domenico, da Marco Giannantoni e da Michelangelo Mazzacani con i quali realizzò l’elegante progetto di ristrutturazione del nuovo Oratorio, oggi purtroppo leggibile soltanto in due rare immagini fotografiche post belliche ed in un due dipinti di collezione privata di secondo Ottocento, oltre che in un’acquerello del Salvarani (1934).
Da tale esigua documentazione si può, tuttavia, intuire quale effetto scenografico il Ferraroni dovette imprimere all’ edificio, seppur contenuto entro i misurati parametri linguistici del suo stile sobrio, riproponendo in scala ridotta alcune soluzioni già adottate nella Chiesa della SS. Assunzione di Villa Sesso (RE), da lui edificata tra il 1700 ed il 1711 secondo modelli ispirati all’opera di Carlo Rainaldi.
Egli oppose, infatti, il tradizionale tetto a capanna del prospetto esterno alla complessa articolazione interna degli spazi dell’aula, che si presentava slanciata e perfettamente coerente nel rapporto tra pieni e vuoti. Un cornicione dentellato disegnava, senza soluzione di continuità, il ritmo degli invasi raccordati intorno al vano centrale di pianta poligonale dal quale si irradiavano le cappelle e su cui si affacciavano le elegantissime tribune simmetricamente sovrapposte.
Terminati i lavori di ristrutturazioni dell’Oratorio, i Confratelli commissionarono al pittore Carlo Rizzi un “San Francesco” (1737), che avrebbero poi collocato sull’altare del Crocifisso tra due fregi ornamentali (il dipinto del Rizzi è attualmente esposto nella Parrocchiale). Poi, dopo aver fatto decorare l’altare della Beata Vergine ed aver completato l’arredamento della chiesetta, nel 1758, si adoperarono per la sistemazione dell’area circostante il complesso conventuale creando un nuovo collegamento viario tra il Conventino e la strada di ponente.
Purtroppo anche questo bel monumento formiginese subì l’oltraggio della guerra e dei bombardamenti che ne tranciarono il corpo anteriore, come ancora si vede in un raro documento fotografico del 1945.
Ciò nonostante, la volontà di reagire all’ottusa violenza distruttrice spinse la cittadinanza ed il parroco, Don Antonio Baraldi, incoraggiati dalla generosa disponibilità della famiglia Heussler, ad intraprendere la strada della ricostruzione per restituire a Formigine l’antico Oratorio dei Servi di Maria.
Infatti, otto anni più tardi, alla presenza di Monsignor Boccolari, il grazioso Oratorio veniva restituito ai formiginesi il 14 maggio del 1953.
Gaetano Ghiraldi
Storico dell’arte della Soprintendenza per il PSAE di Modena e Reggio Emilia
Modena, 23/06/2007